domenica, marzo 27, 2005

[Racconto a 2n mani] Seconda parte

Di primo acchito Jack Torrance si sentì raggelare il sangue. Per due motivi.
Primo: ma proprio a lui doveva capitare una situazione simile? Proprio a lui che era tutto fuorchè un cuor di leone?
Secondo: adesso che fare?
Il suo cervello sembrava quasi annebbiato in quel bailamme di brutti
pensieri.
Doveva restare calmo, prima di tutto.
Istintivamente spense le luci della cabina di pilotaggio e iniziò a
respirare profondamente. Motivo: tentare di rimettere ordine nel caos.
Già, perchè quelle missioni se si chiamano *di routine* allora dovrebbero
proprio esserlo.
Invece ora si trovava da solo, nello spazio alieno di
a2546-KUH, in una situazione a dir poco spiacevole. Arch era scomparso, o almeno quella era la percezione che aveva lui dall'interno della sua cabina, e che i sensori della navetta container sembravano confermargli.
Il protocollo in quei casi era semplice: attendere rinforzi. Sì, bravi, e
magari Arch ci avrebbe lasciato la pelle.
Insomma che fare?
Jack riaccese la luce e inziò a scartabellare il suo mansionario. Senza un
motivo preciso, in realtà. Quantomeno strano che su un mansionario ci possa essere la soluzione ai suoi problemi. Anzi, su un mansionario c'è l'ovvio, a lui serviva definitivamente lo strambo.
Convintosi dell'inutilità delle sue più recenti mosse, allora iniziò a
interrogare il computer di bordo.
Il computer era ad attivazione vocale, visto che la AL-76 ultimamente era
stata soggetto di un deciso upgrade tecnologico. Per lui però, pioniere
delle vecchie generazioni computazionali, il dover chiedere *per favore* ad una macchina risultava quantomeno ostico secondo i suoi modi di pensare.
Ma non aveva molta scelta. Ci sarebbe dovuto essere un qualche precedente no? Tutto quel ben di Dio di enciclopedia galattica doveva pur contenere qualcosa?!
"Computer, per favore, mi mostri gli incidenti più recenti relativi ai
viaggi di navi container?".
La voce metallica e vagamente femminile del computer non si fece attendere, ma prima venne preceduta da un bip.
"Restringere campo di ricerca prego.".
Jack imprecò in tutte le lingue pensabili. Ma quale accidenti campo di
ricerca!
"Maledetto computer! Qual'è la parte di incidenti di navi container che non
ti è sufficientemente chiara?? Eh!?".
Il computer gracchiò, quasi in segno di sfida:
"Impossibile eseguire. Ridefinire la domanda prego.".
Jack tentò di mantenere la calma.
"Ok, bene, computer! Mostrami tutti gli incidenti occorsi in missioni di
rifornimento negli ultimi cinquant'anni, grazie.".
Qualcosa sembrava essere andata per il verso giusto adesso!
Il computer stava macinando dati su dati sul display virtuale situato nella parte destra del *parabrezza* della cabina di pilotaggio.
L'ETA della conclusione dell'elaborazione dei dati segnava ancora dieci
minuti.
Il tempo per un breve sonnellino per Jack, il quale esausto dal
recente stress, si ritrovò immediatamente stanchissimo.
Nel frattempo Arch Stanton era in paradiso.
No, ovviamente non era morto.
Una volta al di là della fantomatica barriera si era ritrovato nel lusso più
sfrenato.
Incredibile. Era stato più volte nell'Overlook Hotel ma non se lo ricordava
così.
Pensò immediatamente a un ammodernamento o, forse, a una nuova
interfaccia neurale cliente-hotel per fare in modo di rendere il soggiorno
il più perfetto possibile.
E forse quest'ultima opzione non era così sbagliata.
Quell'hotel assomigliava infatti all'hotel in cui lui e la sua povera moglie
Nancy passarono una delle più belle vacanze della loro vita da coppia.
Una porta scorrevole faceva da comunicazione tra il bellissimo patio/cortile
e l'interno dell'hotel.
Senza indugi Arch si diresse dentro. La curiosità era tale che avrebbe fatto
più o meno di tutto per entrarvi. E poi da dentro, magari, sarebbe riuscito
a contattare Jack e la AL-76.
Insomma la risposta era al di là di quella posta scorrevole. E Arch vi
entrò.
Una luce del tutto naturale e simile al sole della Florida sembrava
irradiare in maniera quasi artistica l'interno dell'hotel.
Arch si sfilò il giubbotto della tuta e rimase in canotta. Faceva caldo, un
caldo abbastanza umido, ma non opprimente. Si stava molto bene. Le immagini della vacanza a Key Lake con Nancy riaffiorarono nella sua mente all'istante. E una piccola lacrima gli solcò il volto.
L'immagine che gli si posava davanti era piuttosto impressionante.
Una hall degna del miglior hotel cinque stelle del ventesimo secolo. Con un
enorme lampadario in cristallo al centro di essa e la reception all'estrema
destra della grossa sala d'arrivo.
Il pavimento era rivestito nella striscia centrale da una moquette viola che
emanava una gradevolissima fragranza di velluto, e sullo sfondo si stagliava l'immensa scalinata che portava alle camere.
Arch si diresse subito verso la reception per comunicare il loro arrivo e
soprattutto l'incidente in cui erano accorsi.
Non vi era nessuno, però c'era l'apposito campanellino per richiamare
l'attenzione del personale. Senza pensarci due volte Arch lo premette,
facendo emettere un tintinnio metallico veramente molto molto fastidioso.
Nell'attesa che qualcuno arrivasse si guardò in giro (prima era troppo preso a rimirare la bellezza dell'hotel) e vide alcuni clienti seduti sui
divanetti antistanti alla reception.
Notò subito che i loro vestiti erano decisamente desueti per il tempo in cui
viveva Arch.
Sebbene non fosse esattamente un amante della storia dell'abbigliamento,
questi vestiti sembravano risalire alla metà del ventesimo secolo. Quindi,
in maniera totalmente empirica, stimò un suo ritardo di circa tre secoli.
L'attenzione verso i clienti dell'hotel fu distolta da un rumore di passi in
lontananza.
Rigiratosi istintivamente verso la reception vide finalmente il concierge
che da un corridoietto stava arrivando in tutta fretta.
Un signore bianco, di bassa statura, un po' tarchiato e con un'evidente
pelata sulla nuca. Tutto ingessato nella sua uniforme dello stesso viola
della passeggiata, portava una mostrina all'altezza del petto. Ad Arch bastò leggere la mostrina per sapere il suo nome: Miles Muldaur.
Il suo tono di voce era molto rassicurante.
"Buongiorno Signore, benvenuto al Lake Astoria.".
Quella breve frase ebbe un solo significato per Arch: guai seri.


(by Sim1)

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