domenica, marzo 27, 2005

[Racconto a 2n mani] Terza parte

Guai seri. Arch era nelle grane, Jack Torrance ne era ormai praticamente
certo; e se Arch era nei guai, allora lo era anche lui. Aveva riaperto gli
occhi dopo il breve sonnellino, svegliato dalla voce del computer di
bordo. Ora il display mostrava al suo viso ancora assonnato una lista
interminabile di tutti gli incidenti spaziali occorsi negli ultimi
decenni: avarie, guasti meccanici, qualche raro caso di collisione, ma
nulla di simile a un incidente di quel tipo. Scorse la lista in cerca
di...il movimento dei suoi occhi si arrestò di colpo. Ma che cosa stava
cercando, poi? Che cosa era successo? Jack non ne aveva idea. La
comunicazione radio si era interrotta bruscamente, questo sì, ma poteva
essere stata una semplice interferenza o un guasto della ricetrasmittente,
per quel che ne sapeva lui. Già, forse Arch se la stava spassando laggiù
all'Overlook Hotel, a contemplare quel paesaggio tanto speciale da
costituire un'attrattiva turistica; forse se ne sarebbe tornato tra una
mezz'oretta, aperitivo in mano ed sorrisetto ebete stampato in faccia, a
dire che era tutto a posto, di iniziare scaricare la merce. Eppure...c'era
qualcosa di molto strano in quella situazione. Perché alla barriera
planetaria non aveva risposto nessuno? E perché tutto sembrava spento,
abbandonato? Torrance prese la radiotrasmittente ancora una volta, voleva fare un ultimo tentativo. Sentì la sua stessa voce parlare senza convinzione.

- Arch... Arch, riesci a sentirmi?

Rispose soltanto un fruscio lontano. Ora la sola cosa che gli rimaneva da
fare era andare a controllare di persona. Maledicendo il giorno in cui
aveva fatto domanda per diventare un fattorino spaziale, Jack mise in moto la AL-76 e si diresse su quel mondo per lui semisconosciuto. Nel frattempo, grazie al pilota automatico, sfruttò i pochi minuti di viaggio che lo separavano da quel pianeta per mandare una tachiocapsula con un
messaggio di segnalazione alla compagnia di trasporti. Incluse le coordinate spaziali del pianeta e una breve descrizione della strana situazione che si era venuta a creare. La compagnia avrebbe interpretato quei dati e fornito indicazioni sul da farsi: sarebbe probabilmente trascorso più di un mese prima di ricevere una risposta, ma era comunque meno del tempo che avrebbe impiegato viaggiando nello spazio fino alla ditta con la sua nave-cargo; e poi, non poteva certo lasciare il suo compagno di viaggio laggiù! Stava ancora raccogliendo quelle poche idee
quando la nave giunse a qualche centinaio di metri dalla barriera planeteria. Al segnale di inizio frenata volle dare un primo sguardo alla barriera, dal finestrino laterale. Lo attendeva uno spettacolo quantomai strano: la barriera era chiusa, questo sì, ma non era tutto. C'erano
almeno una dozzina di grosse smagliature nella rete di protezione, segno che diverse navicelle avevano tentato l'ingresso con la forza e che, a giudicare dalle dimensioni delle smagliature, ci erano anche riuscite.

Jack Torrance poteva vedere i buchi restringersi e riallargarsi a
intervalli irregolari, dalla distanza a cui si trovava. Pensò che Arch
doveva essersi avvicinato troppo alla barriera senza avvedersene. Questo
avrebbe spiegato almeno un paio di cose: poteva aver visto un foro
riallargarsi proprio davanti a sè, e averlo interpretato come un invito ad
entrare. Stette ancora a pensare sul da farsi, ma c'era poco da pensare:
attese il formarsi di un buco più grande e attraversò quella fitta
ragnatela.

Vide da subito l'hotel, ai piedi di un monte innevato; da quella distanza,
l'edificio pareva abbandonato. La prudenza gli suggerì di posteggiare
l'astronave in un luogo riparato, distante dall'hotel e nascosto alla
vista da un gruppo di rocce, ai margini della strada che portava
all'Overlook. Poi si mise sulla strada, e tenendosi regolarmente qualche
metro più a destra della larga via liscia e di nero asfalto, nascosto
dalla vegetazione che la accompagnava, giunse a pochi metri dal grande
edificio. Decise che avrebbe atteso qualche minuto per riprendersi
dall'emozione e osservare eventuali movimenti all'interno. Si fermò al
termine della macchia di vegetazione che l'aveva accompagnato fino a quel momento, scelse un qualcosa che assomigliava vagamente a un cespuglio e ci si sdraiò dietro, in attesa.

Fece appena in tempo. Qualche istante più tardi vide un'astronave, non una cargo ma una nave turistica, di quelle di classe, passare anch'essa
attraverso la barriera, con una certa titubanza, e posarsi poi nell'area
di parcheggio riservata alla clientela. Ed ebbe un fremito di paura: dalla
porta principale dell'Overlook Hotel uscirono due esseri flaccidi, la
pelle ambrata, gli occhi tondissimi come gialle monete, le voci molli. Se
avesse dovuto dar loro una forma, Jack non avrebbe saputo dire; la forma
ora di un grosso quadrupede librato sulle zampe posteriori, ora di un
piccolo uomo dagli occhi tondi e paurosi, ora di una massa informe,
indefinita e incolore. E quando la porta dell'astronave si aprì...Jack
restò senza fiato per molto più di un attimo. Come la porta della nave
s'aprì e toccò il suolo, ne scese una ventina di persone di grande
eleganza: cappelli tubulari e frac bionici i signori, e capelli lavorati,
vestiti in fulmicotone sintetico e scarpe bizzarre le donne, come imponeva
la moda del XXIII secolo. E nonappena il primo cliente mise piede a terra,
appena un secondo prima che volgesse uno sguardo a quei paurosi
mostri...meraviglia! Quegli esseri ripugnanti cambiarono forma proprio
davanti agli occhi di Torrance, davanti ai suoi occhi increduli; la massa
informe diventò un naso, labbra, occhi, braccia, busti umani, e i due
presero la forma di due camerieri vestiti con eleganza, ma di un'eleganza
che era estranea alla maggior parte degli avventori. I pochi di loro con
una certa familiarità in materia avevano riconosciuto nei vestiti degli
alieni la moda degli anni '50 del ventesimo secolo. Tra lo stupore e il
compiacimento della folla, che pensava a una festa in maschera o
all'ultima novità della moda spaziale, si fecero accompagnare da quelle
presenze aliene, ma per loro familiari ed affabili, all'interno
dell'hotel. Altre mani aliene giunsero dall'interno per caricare i bagagli
e scortare i clienti nell'hotel.

Jack li vide scomparire tutti dietro la porta. Ora sapeva. Ma che poteva
fare? Come stava Arch, era anche lui lì dentro? E che cosa poteva fare
lui, Jack Torrance, contro un'orda di rapitori alieni e per giunta, da
quel che aveva visto, quasi certamente telepatici? Non lo sapeva. Mentre
tentava ancora di darsi delle risposte, ecco che giunse un'altra nave, più
capiente della prima: attraversava titubante la barriera planetaria per
poi atterrare, giusto di fianco alla prima. Ne scese una trentina di
clienti...

Un dubbio gli balenò in testa. Stavano forse architettando un sequestro?
Sarebbe stato di certo quello dalle dimensioni più grandi, se non il più
grande, nell'arco di decenni e decenni. Quante persone poteva contenere
quell'albergo, mille, duemila? E tutta gente piena di soldi fino all'orlo,
tutta gente importante per cui si sarebbe potuto chiedere un riscatto a
dir poco spropositato. E ora, che fare? Jack ci pensò un po' su e decise
che, qualsiasi cosa avrebbe fatto, avrebbe atteso il mattino seguente per
agire. Il mattino ha l'oro in bocca, disse tra sè. Sorrise.

Nel frattempo Arch non se la passava male, o almeno lui non lo pensava
affatto. Tra la folla dei clienti che erano seduti in sala quando era
entrato, aveva riconosciuto sua moglie. Sì, proprio così: sua moglie
Nancy, morta e defunta vent'anni prima a causa di un incidente, la sua
cara Nancy, per cui aveva dato tutto, ora lo stava abbracciando, mentre
lui chiedeva spiegazioni.

- Nancy! Tu qui! Fatti abbracciare...
- Arch, caro...
- Ma come...come è possibile, Nancy? Siamo forse in Paradiso?
- Ma no, Arch...
- Che cosa sta succedendo, allora?
- Non preoccuparti, Arch, ora ci sono qua io, è questo che conta...
- Già, è solo questo che conta...

E si baciarono.

Arch vide gli eleganti avventori sbarcati pochi minuti prima, scortati dai
due camerieri in divisa elegante, entrare nella hall pochi secondi più
tardi. Restarono tutti quanti a bocca aperta. C'era chi vedeva il
ristorante dei propri sogni, chi un grand hotel mozzafiato, chi
addirittura un immenso campeggio di lusso nell'Overlook Hotel, ma tutti
riabbracciarono i loro cari defunti. I loro discorsi suonavano tutti più o
meno uguali, sotto quel grande lampadario, o bel soffitto, o cielo
stellato:

- Ma come...
- Che c'è, caro?
- Com'è possibile...tutto questo non ha senso...come puoi essere qui,
amore?
- Non darti pensiero, dai...l'importante è che siamo di nuovo vicini
ora...
- Sì, hai ragione...non pensiamoci più. Ti amo.
- Ti amo.

E si baciarono. Tutti quanti.


(by Outspan)

[Precedente] [Indice] [Successivo]

Free Counters
Hit Counters