[Racconto] Vita
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Donovan palpitava dall’emozione. Aveva finalmente completato il suo progetto, e aveva invitato Powell ad assistere al collaudo iniziale proprio lì dove si trovava lui ora, all’interno del laboratorio di Robomeccanica e Telematica dell’Università degli Studi del New Jersey, U.S.A, Terra.
Aveva telefonato a Gregory Powell, grande amico e compagno di studi, nonappena l’ultimo contatto era stato sistemato, anche se sapeva che Gregory era sempre stato scettico. Ma lui l’aveva presa come una sfida: l’avrebbe fatto finalmente ricredere, proprio lì, davanti ai suoi occhi.
Gregory era in ritardo di alcuni minuti, e Donovan cominciava ad innervosirsi. Lui che arrivava sempre puntuale, se non in anticipo, alle lezioni, non riusciva a tollerare l’atteggiamento dell’amico, che tanto per cambiare era in ritardo anche questa volta.
La lancetta dell’orologio a muro scattò sulle nove e sei, e la porta del laboratorio si aprì.
Ne entrò un ragazzo abbronzato, i capelli biondi arruffati e cuffie enormi nelle orecchie, che attirò all’istante la metà degli sguardi femminili del laboratorio. Il ragazzo si avvicinò a Donovan… o meglio agli occhi infuocati di Donovan, che non riusciva a lasciar correre.
«Ehilà, Don!»
«Le cuffie… »
«Che cos… ah già, scusa… »
Donovan volse quindi l’attenzione al piccolo uditorio che si era formato in quegli ultimi minuti attorno al suo banco da lavoro.
«Bene, ora che ci siamo tutti possiamo cominciare… ma prima una piccola premessa. I ringraziamenti a Matt Bowman e Jim Daveson per la collaborazione e per i loro preziosi consigli sono più che doverosi. Grazie per avermi assistito in questi tre mesi!»
Un breve applauso, due timidi sorrisi. Poi Donovan riprese a parlare.
«Ma basta con le cerimonie. Ecco Tob!», disse rivelandolo al pubblico.
Un robottino, pensò Powell. Don aveva lavorato tutti quei mesi per quel… coso?
Gli altri presenti, invece, sembravano estasiati da quella visione. Tob era alto all’incirca un metro e settanta, antropomorfo, con un aspetto che, pur se rigido, lo faceva sembrare quasi vivo: le braccia erano coniche e slanciate, il busto vagamente squadrato, un’espressione facciale che ricordava cento film di fantascienza. Da questo punto di vista, si diceva Powell, Don aveva fatto un buon lavoro. Ottimo, anzi: l’aspetto era decisamente… umano. Ma si sarebbe potuto dire altrettanto del suo comportamento?
«A te l’onore, Matt!» Donovan porse al collega un piccolo telecomando.
«Grazie… » e azionò la creatura.
Un lieve cigolio. Tob scrollò la testa e cominciò a parlare.
«Tob… Per servirvi, signori.»
La sua voce era perfettamente articolata, lineare e… umana. Ma gli occhi di Powell si illuminarono.
Donovan riprese la parola. «Bene Tob, mostraci quello che sai fare… » prese un libro aperto dalla scrivania e lo porse alla sua creatura. Tob mosse agilmente le dita metalliche e lo afferrò con entrambe le mani.
«Su, che cosa aspetti? Avanti, inizia a leggere!»
Lo sguardo di Tob passò dal suo creatore al libro. Una voce soave, sicura e per nulla scandita invase d’un tratto il piccolo laboratorio.
«Un robot non può recar danno e un essere umano, né permettere che, a causa della propria negligenza, un essere umano patisca danno. Un robot deve sempre obbedire agli ordini degli esseri umani, a meno che non contrastino con la Prima Legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questo non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.»
«Basta così, Tob.»
Dal laboratorio si levò spontaneo un applauso. Applaudirono tutti… tranne uno.
«Grazie, grazie, ma la dimostrazione non è ancora finita… ecco, Tob, ora facciamo due chiacchiere, ti va? Anzi, perché non fai due chiacchiere con Janet, che ne dici?»
«Sissignore, Tob lo fa con piacere!»
Janet si avvicinò al robot.
«E così, Tob, sei un robot intelligente, mmh?»
«Sissignore, signora.»
«Eheh… basta un ‘ok’, non preoccuparti!»
«Ok, signora.»
Una risata.
«Che cosa sai fare, Tob?»
«La signorina vuole l’elenco completo?»
«Oh… no, voglio dire… sai cucinare?»
«Cucinare?»
«Sì, voglio dire… far da mangiare, preparare cibi…»
«Tob può imparare a cucinare se vede la signorina farlo.»
«Wow! Lo sai, mi servirebbe proprio uno come te in casa, eheheh…»
Tob era rimasto impassibile.
«Tob può cucinare se la signorina lo ordina.»
«Sì, sì, d’accordo… la conversazione non è il tuo forte, mmh? Comunque Don ha fatto un ottimo lavoro, lo sai? Sembri davvero un umano…»
Per uno dei presenti questa frase era troppo.
«Tirati un pugno, Tob!»
Una mano metallica lasciò cadere il libro e si conficcò nel proprio petto con un fragore devastante.
«Un altro!»
La mano partì ancora a gran velocità, deformando con l’impatto la lamiera del busto.
«Gregory! NO!!»
«Avanti, mostro! Non ti ho detto di fermarti! Ancora!»
«Tob! Non ascoltarlo!»
«Forza! Un altro colpo!»
«Non farlo, Tob!»
Scintille.
«BACIAMI IL CULO, TOB!!»
«Ma che cazzo ti prende, Gregory? FERMO, Tob!!»
Fiamme.
«COLPISCITI! Colpisciti… ancora… ancora…»
Tob prende fuoco. Le braccia, le gambe, il cervello positronico, i sensori visivi… tutto si spegne simultaneamente. Donovan si avvicina minaccioso a Powell.
«Perché, Greg? PERCHE’?!?»
«Don… guardalo… volevi che fosse un essere umano… ma guarda che cosa hai creato… era un servo, non lo vedevi? Soltanto un servo… in tutti questi mesi hai lavorato per creare un servo… toglitelo dalla testa una volta per tutte, Don… non potremo mai creare un uomo… soltanto servi… servi che leggono, che conversano, che cucinano o che mi baciano il culo… ma resteranno sempre e solo servi, Don. E’ da quando ti conosco, da quando sei qui dentro che ci provi… stammi a sentire, non si può fare… per quanto saranno intelligenti e plastici nei movimenti, non potranno mai… non potranno mai scegliere, Don. Secondo te ci ha pensato su anche un solo istante prima di martellarsi lo stomaco? Eh? Io non credo proprio… ascoltami, Don, lascia perdere, lascia perdere…»
Le luci si spengono nel laboratorio di Robomeccanica e Telematica dell'Università degli Studi del New Jersey, U.S.A, Terra. Ne escono due ragazzi, le mani l'uno sulla spalla dell'altro, che tra il baccano del corridoio si dirigono al bar più vicino.
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