domenica, marzo 27, 2005

[Racconto a 2n mani] Prima parte

La situazione era semplice: doveva essere dentro, ma era fuori. Come conciliare le cose... beh, era tutto un altro paio di maniche. Non si era mai trovato a dover fronteggiare una tale dicotomia, e tuttavia era innegabile che quella fosse la volta buona. Inutile discutere: quella dannata barriera planetaria teneva Jack Torrance fuori dalla superficie di quel sasso vagante che ora chiamavano Overlook Hotel.
Torrance non si sarebbe mai detto un uomo di azione. Aveva svolto molti mestieri su e giù per l'Ammasso Locale (sempre che "su" e "giù" avessero senso in un ambiente percorso liberamente in tre dimensioni e forzatamente in una quarta), ed ora pareva essersene trovato uno decente. Ironia della sorte, era quello che più di tutti lo sbatteva da una stella all'altra: trasportava merci per conto terzi. Un fattorino spaziale.
Non gli dispiaceva affatto come lavoro. Era un'occupazione semplice e certo non di cui farne un vanto, ma gli consentiva di guadagnare abbastanza per sé e per mantenere quell'oca della sua ex-moglie Shelley (una donna slavata ed isterica) e quel marmocchio di Danny, che, per quanto Torrance poco s'intendesse di patologie infantili, gli pareva piuttosto squilibrato. Quel bimbo s'immaginava le cose e sentiva le voci. Va bene avere un amico immaginario, ma Danny arrivava a parlare al suo dito indice, e Torrance aveva vergogna di mostrarlo in giro e dire: "Questo è mio figlio.
"No, molto meglio quella pace. Il compito di Torrance consisteva solo nell'accompagnare una navetta container da un posto all'altro, e svolgere quelle poche mansioni aggiuntive che le diverse tipologie di carichi gli imponevano. Aveva sempre una scaletta da seguire e non muoveva un dito di più: raramente si intendeva dei carichi trasportati, l'assicurazione non avrebbe coperto eventuali danni e soprattutto nessuno gli avrebbe mai dato un soldo. La rotta era precalcolata, in una missione normale nessun comando di rotta sarebbe dovuto essere impartito alla nave.
Tutto questo consentiva a Torrance di passare molto tempo inattivo durante i voli. Naturalmente, si sarebbe potuto ibernare: i viaggi potevano durare settimane. Tuttavia, ricorreva poco a quella pratica, perché poteva sfruttare il tempo libero con lo scrivere, uno dei suoi passatempi preferiti, che tra l'altro riusciva a realizzare al meglio quando era solo con se stesso. E questo accadeva quasi sempre nello spazio cosmico."Quasi sempre", perché in quel viaggio Torrance non era solo. La compagnia di trasporti aveva la politica di non far viaggiare troppo i conducenti da soli, per cui venivano creati equipaggi di due persone ad intervalli di tempo programmati. Per non creare scompensi psichici da solitudine, dicevano gli psicologi. La compagnia si addossava tutti quegli oneri unicamente a fronte del rischio di denunce. I carichi erano tutti assicurati.
Il compagno di viaggio di Torrance si chiamava Arch Stanton. Era un arzillo signore di colore, dall'età avanzata, prossimo alla pensione. Una moglie morta in un'incidente venti anni prima, ora viveva per lo spazio. Grande esperienza, era ritenuto di grande affidabilità. Avrebbe dovuto accompagnare Torrance sino a destinazione, e poi sarebbero tornati come programmato. La navetta avrebbe fatto tutto da sola. E invece non era stato possibile fare niente, e ora Stanton non c'era più.
Qualche ora prima, la navetta AL-76 di Torrance e Stanton era entrata a contatto visivo col pianetino A2546-KUH. Il pianetino A2546-KUH non aveva nulla di interessante né sfruttabile dal punto di vista geologico. Era uno dei tanti sassi che formavano uno degli anelli attorno ad Omicron Persei 3, un inutile gigante gassoso grosso un terzo più di Giove. Però, indubbiamente, quel cielo polveroso dava riflessi incredibili ed un paesaggio spettacolare. Era per quel motivo che A2546-KUH era stato interamente scavato all'interno e da esso erano stati ricavati numerosi locali. Ora era a tutti noto come l'Overlook Hotel: roba da ricchi. Eppure anche quell'albergo, come tutti, necessitava di periodici rifornimenti, e Torrance era lì per quello. Solo che al momento delrendez-vous radio con la direzione, nessuno rispose.
- Vado a controllare con la scialuppa - disse Stanton.
L'anziano negro indossò la tuta d'ordinanza con noiosa dovizia, quindi attraversò l'oblò che fungeva da entrata alla scialuppa, e lo richiuse. Dopo pochi secondi, il computer di bordo aveva calcolato la rotta d'avvicinamento all'obiettivo ed il piccolo natante spaziale si staccò dolcemente dalla navetta, sospinto dalla buona vecchia propulsione chimica.
- Non schiantarti contro la barriera - comunicò Torrance.
- Tranquillo, mi avvicino soltanto e tento un contatto radio da vicino. -rispose Stanton - Tu, piuttosto: comunica il problema alla compagnia. C'era tutto il tempo di formulare il messaggio da spedire. Per quanto rivoluzionaria fu la scoperta della dimensione tachionica, spedire una capsula contenente un messaggio non era comunque un sistema abbastanza veloce per comunicare a distanze interstellari. Prima che potesse raggiungere qualcuno in grado di prendere una decisione in merito, la missiva avrebbe potuto impiegare diverse settimane in viaggio. A questo c'era da aggiungerci il tempo necessario perché arrivassero i soccorsi, trascurando poi il non trascurabile tempo in cui i cervelloni della compagnia avrebbero attivato una quantità sufficiente di neuroni da consentir loro di deliberare.
In sostanza, quindi, era quello il motivo per cui i fattorini spaziali venivano pagati e pure abbastanza bene: avrebbero dovuto cavarsela da soli. La comunicazione radio era ovviamente del tutto inutile a distanze astrali, e le capsule tachioniche erano talmente dispendiose in termini energetici ed economici che il loro utilizzo era severamente regolamentato nonché limitato ad un massimo di tre capsule per navetta. Oltre a questo, ogni cargo eradotato di una scialuppa di salvataggio per due persone; tre tute spaziali (una in più, in caso di malfunzionamenti); due pistole laser per uso civile(versatili, ma a bassa potenza e carica); comunicatori radio personali; una ricca documentazione enciclopedica caricata nel computer di bordo; attrezzi vari per riparazioni di fortuna. Il resto era lasciato all'inventiva dell'equipaggio.
La scialuppa che conteneva Stanton aveva pigramente percorso i 250 chilometri e rotti che separavano l'Overlook Hotel dalla AL-76. Ormai quella scatoletta era solo una macchiolina confusa sull'ingrandimento visivo.
- Sono vicino alla barriera. E' chiusa. Mi fermo e provo a comunicare. -trasmise Stanton.
- Vedi qualcosa? Qualche attività? - rispose Torrance.
- No... proprio no. Anzi, direi che è tutto spento. Direi addirittura che è abbandonato.
- Come sarebbe "abbandonato"?
- Sarebbe che non c'è nessuno. Non si muove niente, non vedo alcuna luce accesa.
- Molto strano. Ma non è che è chiuso?- E manco ci avvertono? E poi, non risponde nessuno? Neanche il guardiano? Seguirono secondi di silenzio e di attesa.
- La barriera si è aperta! - disse Stanton.
- Davvero? Allora non è abbandonato. Ma hanno risposto? - disse Torrance.
- No, però... sembra un invito ad entrare. Avranno difficoltà tecniche. Io vado.
- Non so se è una buona idea.
- E che vuoi che mi facciano? Che mi rapiscano? - rispose Stanton sghignazzando. - Lo so che è molto strano, ma qualcosa dobbiamo pur fare. La scialuppa entrò lentamente all'interno della barriera planetaria.
- Vedi qualcosa? - chiese Torrance.
- Ancora no, ora mi avvicino al po...
La comunicazione si interruppe all'improvviso.
- Arch, ci sei?Nessuna risposta.
- Arch, mi senti? Non ti ricevo. Che sta succedendo?
Ancora niente. Torrance andò avanti ancora un minuto con i suoi richiami finché non si rese conto che la barriera planetaria si era richiusa. Nessuna traccia visibile della scialuppa.
- Che diavolo...? - disse Torrance.Osservò turbato A2546-KUH. Come sempre, nessuna attività a livello visivo,radio, nucleare o di qualsiasi altro tipo di fenomeno fisico. Torrance si adagiò al sedile e sospirò. Fino a quel momento, era stata persa la scialuppa ed un membro dell'equipaggio, senza che il carico fosse stato consegnato. Davvero un bel bilancio, e senza alcun dubbio la situazione poteva ancora peggiorare. Sarebbe stato quantomeno seccante se Stanton non fosse tornato: non avrebbe potuto provare in maniera semplice che non era pazzo. Torrance imprecò contro la compagnia e tutta la serie di corsi di formazione che era stato costretto a seguire, e della cui totale inutilità ora si rendeva pienamente conto.
E ora dove diavolo era Arch?
(by MaxArt)

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